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Verso l'infinito e oltre


“Se corri, il tempo volerà davanti a te come una farfalla di marzo. Se andrai adagio, ti seguirà come un bue eterno”. (Juan Ramón Jiménez)


Questo mese i salotti parlano di Progressi.


Ma a prescindere dal significato prettamente etimologico della parola, che come sapete tutti deriva dalle parole latine progressus e progredi, ovvero avanzare, essendo composto dalle parole “pro” avanti e “gradi” camminare, con il passare del tempo tale termine ha assunto un significato molto più ampio ed elevato, rispetto al suo significato letterale e oggi nel progresso, si rappresenta l’avanzamento della stessa società in cui viviamo. Troppo spesso però ci lasciamo ingannare

dal paradigma del sistema attuale, che rappresenta il progresso come uno sfrecciante treno rosso, lanciato a tutta velocità verso il futuro, dimenticando che invece proprio il significato originario del “progredi”, rappresenta quello che dovrebbe essere l’avanzamento della società verso l’indefinito.


Non ho usato volontariamente il termine infinito, perché ritengo che il progresso non dovrebbe avere questa caratteristica, ma appunto dovrebbe mirare invece a raggiungere l’indefinito, procedendo, non come un treno della TAV, ma passo dopo passo, lentamente, contemplando la saggezza, di guardare bene dove vengono posti i passi che facciamo in avanti, saggiando sempre bene il terreno, verso quello che il “progredire” ci potrebbe regalare.

Conversando sul progresso, oggi probabilmente ci lasceremo trasportare verso una concezione estremamente positivistica di questa evoluzione della società, basata su un progresso infinito, che viaggia sopra una retta diritta puntata verso la direzione finale, invece che affrontarla nella sua realtà fatta di un percorso tortuoso, che dovrebbe essere affrontato con la consapevolezza della necessaria padronanza di idee, valori e soprattutto dei limiti, che dovremmo sempre rispettare anche nel progredire. In questi ultimi due secoli, siamo progrediti nella rappresentazione di una evoluzione che dovesse andare sempre al limite di tutto, descritta perfettamente nella frase “Verso l’infinito ed oltre”, declamata da Buzz Lightyear, il pupazzo del noto film a cartoni animati “Toy Story”.

Tutto questo correre verso il tipo di progresso che ci hanno confezionato, in realtà ha trasformato quella che poteva essere una evoluzione consapevole della società, in una alienazione dell’essere umano, che oramai è talmente schiavo dall’ottenere continuamente sempre di più, da ritrovarsi sempre più spesso a vivere, per ottenere tutto quello che gli viene proposto da questa forma di alienate progresso, dimenticandosi alla fine di godere anche della propria esistenza.


Il progetto per un mondo migliore,

propone una nuova società basata sulla centralità dell’essere umano e se davvero vogliamo creare una società, che possa riconoscersi in questo valore, allora dobbiamo comprendere che, anche il progresso, ha la necessità di avanzare con il passo di un uomo e non con le ruote di una macchina di formula uno. Se non cambieremo la nostra idea di società e di avanzamento, rischieremo davvero di arrivare velocemente al punto

in cui la nostra vita terrena ci lascerà, accorgendoci a quel punto di non esserci goduti minimamente il percorso che abbiamo fatto.


Allora rallentiamo, impariamo ad amare i limiti che questa nostra vita ci propone, facendo in modo di apprezzare ancora di più quelle evoluzioni che un progresso sostenibile, ecologico,

razionale, ma soprattutto a misura di uomo, potrà regalarci, senza però condizionarci la vita, perché non abbiamo ancora comprato quel cellulare che ci permette di accendere le luci in giardino, anche quando siamo lontani. Se non smettiamo di correre verso un infinito intangibile, probabilmente perderemo tutto quello che il presente tangibile invece ci propone.


“Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell'Occidente è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente, né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto”.

(Tenzin Gyatso – Dalailama)

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