top of page

Trogloditi con il papillon

“Fatti non foste a viver come bruti…”

Probabilmente ognuno di voi, leggendo questa introduzione, ha concluso mentalmente questa celebre terzina, estrapolata dalla Divina Commedia di Dante, con “ma per seguir virtute e canoscenza”. Questo perché ci sono dei concetti e delle frasi che anche se solo iniziate, ci regalano immediatamente il significato che colui che ha proferito quelle parole, voleva darci. Tante volte ci troviamo ad ascoltare persone che iniziano una citazione, senza che abbiano la necessità di concluderla, ottenendo lo stesso il risultato che volevano ottenere. Alcuni personaggi giocano proprio su questa azione per evitare di essere politically scorrect in un dire-non dire, che comunque ottiene il risultato voluto.

Voglio raccontarvi un vecchio film nel quale Lino Banfi nei panni de “il Commissario lo Gatto”, sta per entrare con i suoi uomini in una trattoria di Favignana, dove è stato trasferito da Roma per avere chiesto l’alibi al Papa per un omicidio avvenuto in Vaticano, per effettuare una perquisizione. Sulla porta della trattoria viene fermato da uno stornellatore romano, armato di chitarra, piombato nella splendida isola siciliana probabilmente direttamente dalla “Parolaccia”, la nota trattoria romana, che lo accoglie cantandogli uno stornello: “E benvenuti, a sti frocioni, belli, grossi e capoccioni… E pure tu, che sei Frì Frì, ma dimme un po’ che c’hai da dì!”

E’ il 1986 e Dino Risi ci regala questa commedia, simile a tante altre produzioni che in quegli anni, giocando spesso sul doppio senso e sullo schernimento delle diversità, faceva sorridere un’Italia, nella quale il politically correct era qualcosa di impensabile e improponibile. Ecco che in quegli anni Tomas Millian e tanti altri attori, anche di grido, giocando sulla diversità, proponevano uno spaccato italiano fatto di denigrazione, schernimento e soprattutto di esclusione. Tale comportamento, purtroppo, non era limitato solo al mondo della cinematografia, come se non fosse stato già abbastanza grave, perché se eri diverso dalla normalità prestabilita, per motivi etnici, religiosi, di pelle o di sessualità, ti potevi trovare normalmente oggetto di offese e denigrazione da parte

della maggioranza delle persone. Quante volte in quegli anni abbiamo visto attori tinti di nero, dire “Si buana!” o abbiamo sentito indicare le donne con parole esplicitamente sessuali.


Ieri sera stavo guardando “Avanti un altro”, la nota trasmissione preserale condotta da Paolo Bonolis, il quale da sempre gioca sul doppio senso e su una comicità che spesso rasenta la volgarità, senza peraltro mai sfociarvici esplicitamente. Dopo avere presentato un concorrente, che dichiarava la sua sessualità promiscua definendola da “bosco e da riviera”, il Paolo nazionale, partiva con lo stornello de “il commissario Lo Gatto: “E benvenuti a sti…” bloccandosi però prima della

fatidica parola “frocioni”. È chiaro che Bonolis ha voluto giocare con il concorrente, scherzando su quanto da lui esternato in merito alla sua bisessualità, ma il non avere finito la frase, da parte del noto anchorman di mediaset, non ha evidenziato una sua forma di rispetto verso quel concorrente, solo per il fatto di non avere detto quella parola, perché in realtà, tuti coloro che ricordano quel film, hanno chiaramente inteso il fine, per cui quello stornello ieri sera è stato iniziato da Bonolis: “Dare il benvenuto ad un frocione”.

Siamo circondati da persone che inneggiano al politically correct, che puntano il dito verso chi sbaglia a proferire una parola, che possa urtare la sensibilità, in un contesto pieno di soggetti, che fanno le lastre a chi pubblicamente utilizza la diversità, per schernire le persone. Ascoltando poi le parole che ci propone la

mediaticità, che siano in televisione o su un palco, ecco che allora ci illudiamo di avere raggiunto un livello per cui certe argomentazioni e certe violenze verbali, non facciano più parte della nostra esistenza, ma poi basta entrare in un circolo, in una palestra maschile, in una chat privata composta da soli uomini, per accorgersi di quanto sia ancora basso il nostro livello intellettuale e quanta ipocrisia ancora vi sia nelle persone, che magari si dichiarano antirazziste, anti-sessiste o che parlando di persone handicappate le definiscono poi “speciali”.

In realtà questa nostra società è composta da “trogloditi con il papillon”, sempre pronti a puntare il dito pubblicamente verso chi è politicamente scorretto, mentre poi nel loro privato parcheggiano l’auto nei posti riservati ai portatori di handicap, oppure mentre osservano una persona di colore giocare a pallone gli gridano “buuuhhh”, o mentre ascoltano degli omosessuali parlare, gli vorrebbe voglia di cantare: “E benvenuti a sti…”.



Io sogno un mondo in cui nessuno debba essere deriso per la sua diversità, dalla massa o per sessismo, o che nessuno strumentalizzi la nostra lingua italiana per ghettizzare chi ritiene diverso, ma credo che abbiamo ancora tanto da lavorare sulla coscienza popolare e sulla nostra consapevolezza sul “Rispetto”, troppo spesso offeso da comportamenti e parole gettate al vento di un pubblico ludibrio, che non ci

feriscono nel profondo del cuore, come per esempio quando un uomo, che è stato due volte presidente del Consiglio Italiano, presenta pubblicamente una candidata ad una elezione regionale nazionale, con le parole: “ha ventisei anni e non me l’ha mai data!”.

107 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti

Lo struzzo

La tigre

bottom of page