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Tristezza, per favore vai via


“Mai si è troppo giovani o troppo vecchi per la conoscenza della felicità. A qualsiasi età è bello occuparsi del benessere dell'animo nostro”. (Epicuro)


Lettera sulla felicità (a Meneceo) di Epicuro, fa parte di un trattato scritto da Diogene Laerzio, sulla vita del noto filosofo. Epicuro ha trattato più volte il tema della ricerca della felicità e della sua importanza nella vita di un essere umano. Non per nulla nell’antica Grecia essere Epicurei, descriveva qualcuno che dedicava la vita al piacere, spesso della ricerca, ma anche e soprattutto di quella materiale.

Ma oggi cosa intendiamo quando diciamo che stiamo cercando la felicità? Vi sembrerà una tematica superflua ma dovete sapere che c’è invece chi su questo tema, sta studiando ed effettuando ricerche da quasi un secolo. L’università di

Harvard ha inserito quasi 800 persone in un progetto, nel quale si sono avvicendate sette generazioni di ricercatori e studiosi, durato 79 anni.


La ricerca, oltre ad alcune importanti caratteristiche statistiche, ha riguardato anche la verifica ed il controllo diretto delle persone osservate, con interviste fatte sul luogo di lavoro, a casa e nel tempo libero. Questo per permettere alle persone osservate, di esprimere le loro perplessità o le loro certezza anche fuori da ambiti prettamente universitari, che avrebbero potuto inficiare i risultati. Oltre questo venivano intervistati i figli e i conviventi, oltre a sottoporre le persone dentro il progetto anche a visite mediche e colloqui con psicoterapeuti.


Erano stati creati due gruppi di persone osservate, uno relativo a studenti di Harvard e l’altro relativo ai ragazzi poveri delle periferie per evidenziare anche le differenze tra stati sociali e cultura. Nella prima parte della ricerca le persone inserite nel progetto, tutte di 24 anni, dovevano raccontare cosa speravano di ottenere nella vita e i risultati dimostravano una univocità di desiderio dei giovani intervistati che per l’80% desiderava diventare ricco. Il 50% dichiarava invece di volere diventare famoso, mentre una buona percentuale dichiarava

di volere entrambe le cose. Pochissimi erano quelli che dichiaravano altre possibili prospettive per il proprio futuro e quello che emerge dalla prima parte di questa ricerca, è la dimostrazione lampante della società in cui viviamo oggi dove, “Uomini e donne” è più visto dei documentari di “National Geographic”, “50 sfumature di grigio” è più letto de “Il Barone Rampante” e Chiara Ferragni è più famosa di Margherita Hack.


I risultati della ricerca di Harvard, cambiano totalmente invece se osserviamo quello che viene fuori dalle interviste delle stesse persone, quando però si apprestano alla fase finale della loro vita ed ecco che quegli stessi soggetti che cercavano fama e ricchezza, in vecchiaia dichiarano invece di sperare di avere salute e buone relazioni con gli altri. Soprattutto le relazioni familiari ma anche sociali sono emerse come uno dei maggiori requisiti richiesti al futuro dalle persone intervistate nella terza età per le quali la morte non spaventa tanto quanto la solitudine. Tra gli osservati è emerso che quelli più isolati sono meno inclini alla felicità, si ammalano di più e la loro mente declina più in fretta. Questo vale anche per chi non

è solo, ma vive comunque un rapporto familiare o di coppia insoddisfacente, mentre dentro relazioni calorose, sono stati riscontrati grandi effetti positivi.


Noi facciamo parte di un progetto che mira al riequilibrio della ricchezza, anche attraverso misure di abbattimento della povertà, ma se vogliamo davvero cambiare la nostra esistenza, non possiamo prescindere dall’aspetto comunitario del progetto stesso, che deve essere poi trasferito nella società che stiamo cercando di creare.

La ricerca dell’Università di Harvard ha confermato quanto andiamo dicendo da mesi sulla nostra felicità, negli incontri a cui presenziamo, che deve passare attraverso la condivisione del Tutto di cui facciamo parte. Da giovani forse ci possiamo essere illusi che i soldi e la fama ci avrebbero resi felici, ma con il passare del tempo e soprattutto attraverso le relazioni sociali

che abbiamo instaurato, ci siamo accorti che per raggiungere la felicità, dobbiamo stare “Assieme”, ognuno nella nostra diversità, ma in una totale condivisione con gli altri. Arpagone, il protagonista dell’Avaro di Molière, forse nella vita avrà realizzato il suo sogno di gioventù di avere una cassa piena di oro e gioielli, ma alla fine è morto da solo, circondato dalla miseria dell’assenza di sentimenti.


Perciò impariamo ad accontentarci del materiale che la vita ci ha dato e torniamo a gioire di quanto grande sia la ricchezza degli affetti e dell’amore che possiamo scambiarci. Solo accontentandoci saremo davvero felici e allontaneremo da noi quella tristezza che, erroneamente, colleghiamo alla mancanza di beni terreni.


“Fate attenzione alla tristezza. È un vizio”. (Gustave Flaubert)

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