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Celebrazioni, abitudini e talenti


“Se ogni mattina della tua vita avrai accolto in te l’idea che dare è più gratificante del ricevere e che la solidarietà, la tolleranza, la fratellanza sono valori che non hanno bisogno di calendari per esprimersi, allora sarà Natale tutti i giorni e gli auguri che farai saranno monete d’oro che ti torneranno indietro riempiendo il tuo cuore con la ricchezza dell’anima”. (anonimo)

Cari amici del mondo migliore… Domani festeggeremo la nascita di Gesù e dato per scontato che comunque sia esistito un profeta con quel nome, come riportato da tutte le religioni monoteiste e anche dal buddismo, oltre che da alcune antiche scritture ritrovate in Egitto, vi sono alcune curiosità che magari vi farà piacere conoscere sulla festa, relativa al giorno che ci ricorda la natività del Cristo, che da evento prettamente umano o religioso, in realtà poi ha modificato completamente la geopolitica mondiale.

I primi cristiani non festeggiavano il Natale, semplicemente per il fatto che nessuno conosceva la vera data di nascita di Gesù; anche gli stessi evangelisti non hanno dato indicazioni cronologiche valide. Solo nel vangelo di Matteo (2,1) troviamo che Gesù nacque genericamente “nei giorni del re Erode”, che regnò presumibilmente tra il 37 a.C. e il 4 a.C. I primi Cristiani non hanno mai dato una grande importanza al giorno di nascita di Gesù al punto che, il filosofo Clemente Alessandrino, in merito a tale pretesa, annotava in un suo scritto: “Non si contentano di sapere in che anno è nato il Signore, ma con curiosità troppo spinta vanno a cercarne anche il giorno”.

Per festeggiare il Natale cristiano, ovvero il “dies natalis Christi”, alla data del 25 dicembre, dobbiamo arrivare al 337 d.C. quando Papa Giulio I, decise di istituirla ufficialmente, riferendosi ad uno scritto di Sant’Ippolito del 235 d.C., nel quale il santo, per primo, indicava una possibile data di nascita di Gesù: «La prima venuta di nostro Signore, quella nella carne, nel quale egli nacque a Betlemme, ebbe luogo otto giorni prima delle calende di gennaio, di mercoledì, nel quarantaduesimo anno di regno di Augusto».

Non vi sono riscontri storici ufficiali, ma sembrerebbe che la Chiesa di Roma, dopo che Costantino proclamò la confessione cristiana, quale religione ufficiale dell'Impero, per porre termine alle celebrazioni della festa pagana del culto del sole, che continuava ad essere celebrata, nel 321 d.C. decise di modificare il nome della festa del “Dies Natalis Solis Invicti” nella festa “Dies Natalis dominus Invicti” ovvero il “Giorno del Signore”.


La festa del “Dies Natalis Solis Invicti” veniva celebrata il 25 dicembre e in quell’occasione si organizzavano abbondanti banchetti scambiandosi anche dei doni. Queste usanze sono probabilmente le reminiscenze alla base dei festeggiamenti che ci vedono protagonisti oggi nei nostri festeggiamenti natalizi, divenuti il più delle volte solo degli incontri conviviali consumistici, nei quali l’ipocrisia e l’illusione, sono spesso gli ingredienti principali, dimostrando che dell’idea del Cristo e del suo messaggio di bontà, umanità e uguaglianza, nella nostra società rimane ben poco.

Tornando ai festeggiamenti per il 25 dicembre, questa data la ritroviamo, sin dall’antichità, nelle commemorazioni di molte religioni, molto spesso per celebrare il sole. Successivamente la data del 25 dicembre, era in Egitto il giorno in cui si ricordava la nascita di Horus e per i Babilonesi il giorno in cui si festeggiava il dio Tammuz, rappresentato in braccio alla dea Istar, con un’aureola di dodici stelle attorno alla testa. Analogamente al Cristo anche Tammuz muore per risorgere dopo tre giorni. In Grecia ricordava la nascita di Dionisio e in Siria quella di Adone, mentre in Persia il giorno del 25 dicembre si celebrava la nascita di Mitra, che come Gesù era stato partorito da una vergine in una grotta, aveva dodici discepoli, ed era soprannominato “il Salvatore”.

Come abbiamo visto vi sono tante analogie tra le antiche storie delle prime religioni ed il culto cattolico, spesso ignorate anche dagli stessi fedeli, che oltre a conoscere marginalmente la storia del Cristo, si limitano poi ad una appartenenza di fatto al culto religioso, spesso mascherata nell’affermazione “cattolico non praticante”, come se la religione fosse una attività fisica da fare a tempo determinato. Noi che siamo agnostici e perciò riteniamo la religione una cosa molto più ampia di qualcosa da relegare ad uno schema predefinito dagli esseri umani, riteniamo invece che sia fondamentale conoscere la nostra storia anche religiosa, che ci ha consegnato comunque questa società, diretta emanazione del pensiero filosofico di grandi profeti, ma che poi alla fine, di quei profeti, rinnega continuamente gli insegnamenti.

Oltre la data della nascita del Cristo, un’altra incongruenza storica relativa al Natale, è l’assurda presenza del bambino dal carnato chiaro, con boccoli biondi e grandi occhi azzurri, che troviamo nei nostri presepi. Gesù era palestinese e passi il fatto che potesse anche avere delle influenze genetiche berbere, che gli avrebbero potuto regalare una bella chioma bionda, risulta quantomeno

difficile credere che il suo carnato non fosse olivastro e non avesse lineamenti mediorientali, simili tra l’altro a quelli della figura rappresentata dalla “Sacra Sindone”.


Questa nostra concezione di un Cristo occidentale, la dobbiamo ai pittori che in ogni epoca si sono dilettati a rappresentare un Cristo di zeffirelliana memoria, ma soprattutto a San Francesco di Assisi, che nel 1223 realizzò a Greccio, la prima rappresentazione della Natività, dopo aver ottenuto l'autorizzazione da papa Onorio III, depositando nella mangiatoia un bel bebè di origini italiane. Di ritorno dalla Palestina, San Francesco intese rievocare la scena della Natività vista a Betlemme e scelse

per questo Greccio, che trovò similare alla città palestinese, anche se a Greccio a Natale c’è la neve, mentre a Betlemme non si scende mai sotto i venti gradi, rendendo di fatto inutili asino e bue a scaldare il neonato. Del resto San Francesco ricostruì la sua visione della natività del Cristo, come descritto da Tommaso da Celano, presente a quel primo presepio: «Si dispone la greppia, si porta il fieno, sono menati il bue e l'asino. Si onora ivi la semplicità, si esalta la povertà, si loda l'umiltà e Greccio si trasforma quasi in una nuova Betlemme».

A questo punto non mi resta che augurarvi un buon Natale, convinto che rispetterete le abitudini pagane legate alla tavola ed ai doni, ma con l’invito però a ricordare che se vogliamo creare davvero un Mondo Migliore, più che andare a cercare nuovi messaggi, grandi slogan o motti da piazza, basterebbe rispettare le parole dei grandi profeti che ci hanno preceduto e che ancora oggi frequentano, magari

laicamente la nostra esistenza, sulla bontà, l’eticità e l’altruismo, non scordandoci mai che quel bambino nella mangiatoia di Greccio, somiglia molto poco ai nostri bambini e molto di più a quei bambini che possiamo trovare tra le macerie dei terremoti, tra il fango delle alluvioni, nelle mense della Caritas o negli orfanotrofi, sotto le bombe degli aerei o asfissiati dal gas nervino o trucidati dai machete, ma soprattutto di tutte quelle piccole e innocenti creature che a bordo di carrette, attraversano il “mare nostrum”, nella speranza di trovare un Mondo Migliore.

A noi oggi il compito di metterci a disposizione degli altri, con amore e fiducia, sia da laici che da religiosi, sfruttando quei talenti che ci sono stati regalati, da Dio o dalla nostra esperienza, come ci ricorda una bellissima parabola raccontata da Gesù, al quale oggi voglio fare i miei più sinceri auguri di buon compleanno, qualunque sia il giorno della sua nascita, con la speranza che il suo messaggio di amore e pace possa davvero indicare la via per una nuova società, a tutti gli uomini di buona volontà:

“Dio è simile ad un padrone che chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità”. (Mt 25,14- 15)

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