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L'Italia s'è destra


L’establishment della politica europea, ieri ha salutato uno dei suoi emissari più potenti. Un italiano che da presidente della BCE ha permesso al Titanic dell’Euro, di salvare sé stesso, dopo avere urtato l’iceberg della incapacità di essere la moneta di una reale federazione di stati, facendo di fatto annegare buona parte dei passeggeri che viaggiavano in seconda classe. Proprio quel popolino, che nelle parole di chi aveva un giorno presentato in Italia la moneta delle nazioni europee, avrebbero potuto lavorare di meno e guadagnare di più, mentre alla fine si è ritrovato a lavorare di più, sprofondando nella miseria più nera. Ieri

l’Europa ha festeggiato il suo emissario che ha terminato il suo mandato in mezzo ad alloro ed onori, ringraziandolo per le politiche economiche che ha operato negli anni del suo mandato, dimenticando di ricordarsi di quei 18 milioni di Italiani e di altrettanti francesi, greci, portoghesi e spagnoli, che oggi si ritrovano al limite della povertà assoluta, anche per quelle politiche economiche. Certo Draghi non aveva la bacchetta magica, ma la BCE, negli anni del suo mandato, ha dimostrato a tutti che se si vuole si può stampare moneta a piacimento, peccato che lui l’abbia fatto solo per salvare il sistema bancario, stampando migliaia di miliardi

di euro, che poi sono stati fagocitati dai sistemi bancari nazionali solo per operazioni trash bancarie, senza che il popolino ne abbia mai ricevuto alcun beneficio.


Ed ecco che nel momento in cui l’Europa, attraversata da lotte intestine promosse dal popolino, da Barcellona ad Atene, da Londra a Parigi, da Oslo a Napoli, che non ce la fa più a sopportare il carico della responsabilità economica delle scelte sbagliate di lobbie scellerate, che pensano solo al proprio sporco guadagno, in nome di un europeismo che oggi possiamo dire che serva solo a quelle organizzazioni di potere, i signori dell’euro decidono di fare

succedere a monsieur Draghi, quella Christine Lagarde, icona di quella politica tedesca, che in questi anni ha prodotto solo lacrime e sangue, soprattutto nel nostro paese. Il potere europeista da ieri è più forte, visto che comunque Draghi, qualcosa alla fine a tutela dei paesi poveri e tra questi quelli del nostro paese l’ha fatto, anche se in un contesto in cui la sua azione non avrebbe dovuto essere solo di salvaguardia, ma di vera rivoluzione, ponendo le basi per esempio per una immissione materiale di denaro nelle tasche dei cittadini europei, con una reale riforma del sistema bancario che divenisse di utilità sociale, abbandonando quel ruolo di sciacallaggio e di usura che si è guadagnato fino ad oggi.

Proprio mentre L’Europa festeggia sé stessa ed il suo sistema fallimentare monetario, l’Italia presenta il conto a quella politica, con un segnale che risulta forte e deciso e che possiamo parafrasare in una nota massima storica: “Se voi fate tuonare i cannoni del vostro europeismo, non faremo suonare le campane del nostro sovranismo”.


Fino a qualche settimana fa, mai mi sarei sognato di pensare che in questo momento si dovesse tornare alle urne e permettere al popolo di votare nuovamente. Questo per il rispetto

che porto alle istituzioni ed alle norme, che attraverso la repubblica parlamentare, ci ha permesso di avere un governo del paese in tempi brevi, che ci allontanasse dal pericolo sovranista ed indipendentista, rappresentato dalla Lega di Salvini. Oggi con l’Umbria che, come ultimo baluardo del vecchio potere democratico italiano, è caduta sotto i colpi, non delle parole del leader leghista, bensì sotto il risultato delle azioni scellerate di chi ci ha governato in questi ultimi trenta anni, sto maturando la convinzione che quello di cui abbiamo bisogno adesso, sia invece proprio di qualcuno che rompa lo schema di sudditanza politica ed economica con il “fantasma Europa”, che di fatto è il principale responsabile della devastazione di buona parte della popolazione italiana. Purtroppo, chi

proponeva i “Vaffaday”, non è stato capace di tradurre in azione le belle parole che ci ha sempre propinato, sia a livello nazionale che locale, ed oggi miseramente meriterebbe di divenire l’oggetto di analoghe giornate a lui indirizzate.


Gli italiani invece domenica scorsa e probabilmente lo faranno ancora con più forza a gennaio con le elezioni regionali nella rossa Emilia Romagna, hanno mandato un segnale fortissimo sia all’Europa che al nostro presidente Mattarella, ovvero: “Basta, è ora di svoltare”.

Un vecchio detto dice che “Chi lascia la strada vecchia per quella nuova, sa quel che lascia, ma non sa quel che trova”, ed è indubbio, lo abbiamo già verificato in questi ultimi venti mesi,

che un Governo presieduto dal leader leghista, sarebbe la cosa che più ci allontanerebbe da “l’Insieme Europa”. Del resto è anche indubbio che proprio “l’Insieme Europa” è poi quanto di più divisorio esista, ed è forse più una cosa con cui riempirsi la bocca, che un’entità reale, che serva veramente a qualcosa, ma soprattutto che sia di utilità a noi italiani.

A prescindere dalle tante idee di nuove formazioni politiche in pectore, anche nate sotto l’egida del progetto per un mondo migliore che però hanno ancora tutto da dimostrare, prima di diventare reali alternative al sistema attuale, resta da capire se siamo pronti a consegnare l’Italia a Salvini e rischiare di andare al "soli contro tutti", ma soprattutto se poi avremo la forza di supportare delle scelte reali di politiche economiche e sociali di cambiamento, o se tutta questa grande rivoluzione che oggi “Matteo il grande” con la sua armata Arcoriana post fascista ci sta prospettando, non sia solo

qualcosa con cui riempire i comizi pre-elettorali, salvo poi ritrovarsi domani invece da soli, abbandonati, “cornuti e mazziati”, a dover tornare in ginocchio a Bruxelles, per chiedere un tozzo di pane, sul quale sia stampato il logo della BCE.


Lo sapremo solo vivendo; di certo c’è che da ieri, parafrasando l’Inno nazionale, è indubbio che “L’Italia s’è destra”.

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