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Io scendo

“Hai mai notato che chiunque vada più lento di te è un idiota, ma chiunque vada più veloce è un pazzo?” (George Carlin)

Questa mattina mi sono alzato presto per svolgere alcune commissioni, tra le quali quella di recarmi al mio solito supermercato, per fare una piccola spesa alimentare. Mentre girovagavo tra i corridoi, in cerca di prodotti in offerta, mi sono trovato a passare davanti ad uno scaffale, che esponeva dei prodotti confezionati, la cui visione mi ha lasciato interdetto per alcuni minuti, nel vortice di quella mia costante ricerca dei massimi sistemi filosofici. Mentre guardavo quei prodotti, pensando al senso della nostra vita, sono ritornato con la mente a ieri, all’incontro mensile con il mio amico Sarvegu, nel quale una volta al mese ci troviamo per spendere il nostro tempo a parlare di filosofia, di massimi sistemi e di trattorie.

Sarvegu era da pochi giorni tornato dalla Sardegna dove si era recato a trovare il figlio e mi ha raccontato l’ultimo bagno di quest’anno in mare, che ha fatto all’Uiza de san Pé, come la chiamano in la lingua tabarchina, gli abitanti del luogo. La lingua tabarchina è una derivazione della lingua ligure e la sua presenza su quell’isola è dovuta al fatto che in questa terra, nel 1738, sbarcarono circa 300 famiglie di Pegli, scappate dalla Tunisia, dove si erano insediate nel 1542 per commerciare. L’Imperatore Carlo V avrebbe poi concesso loro l’isola, per praticarvi la pesca ed il commercio del corallo.

I sardi la chiamano “Isula 'e Sàntu Pèdru” mentre la maggior parte della popolazione

nazionale, ha scoperto la sua esistenza grazie ad uno sceneggiato televisivo interpretato da Gianni Morandi, intitolato “l’Isola di San Pietro”. Una leggenda racconta che nel 46 d.c. San Pietro approdò su quest’isola e in ricordo del fondatore della Chiesa di Roma, sarebbe stato dato il suo nome a quest’isola.


Ma perché vi ho raccontato questa cosa? Perché l’idea che Sarvegu nei giorni scorsi abbia

fatto il suo ultimo bagno in mare di quest’anno, mentre io stamani fermo davanti a quello scaffale osservavo i pandori e panettoni esposti alla vendita, mi ha fatto pensare all’assurda velocità della nostra vita. Se dovessi esprimere con una parola la nostra esistenza, la prima parola che mi viene in mente è “Velocità”. Facciamo tutto di corsa, quasi senza prendere fiato, con la smania e lo stress di raggiungere nel più breve tempo possibile i risultati, perdendo di fatto il gusto della conquista e soprattutto dell’attesa. Non sappiamo più aspettare e chi rimane indietro, viene macinato nel meccanismo drammatico che regola i tempi della nostra società. Non puoi rallentare, non devi fermarti a pensare, quello che devi fare è correre spasmodicamente verso qualcosa che

altri hanno deciso che devi avere e fare. In questo modo non riusciamo a godere più di nulla e a volte ci dimentichiamo anche i figli in macchina.


Avete mai pensato a quanto tempo è che non vi dedicate un ora solo per voi? Badate bene non parlo della palestra o dell’ora di Yoga. Io parlo di quel tempo che oggi considereremmo “perso”, legato a qualcosa che ci provochi piacere, senza darci altri risultati. Parlando con Sarvegu ieri, che buon per lui sta vivendo un periodo della vita nel quale ha “scelto” di essere libero, mi ha raccontato che a volte gli capita che qualcuno lo inviti a fare qualcosa, a cui lui poi pone

diniego, già solo per il fatto che quell’invito lo vede come un impegno da dover ottemperare.


Non tutti hanno la possibilità di scegliere come Sarvegu, ma almeno proviamo ad imparare da lui a rallentare gli impegni che la vita ci impone, tornando a regalarci del tempo e a vivere l’attimo e il “qui e ora”, saltando giù da quel treno impazzito che viaggia a velocità supersonica, che è il paradigma che regola la nostra società. Se vogliamo cambiare questo sistema di cose dobbiamo semplicemente tornare a pensare, che correndo in questo modo perdiamo tanto di quello che

la vita ci potrebbe dare. Io ho deciso di scendere da quel treno, provando in futuro a regalarmi delle ore, per fare quello che mi fa stare veramente bene o magari anche solo per riposare, partendo per esempio dalla consapevolezza che da oggi tornerò a mangiare, con buona pace del mio supermercato, la colomba a Pasqua, le ciliegie a maggio, le castagne a ottobre ed il panettone a Natale.


“A volte, la cosa più urgente e importante che si possa fare, è concedersi un completo riposo”. (Ashleigh Brilliant)

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