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Il pezzo di carta



“Mi ricordo quando mi hanno bocciato e mio padre mi ha detto: <<Tu questo diploma non lo prenderai mai!”>>


Con queste parole inizia un tristissimo spot televisivo, di una nota scuola di recupero di anni scolastici, che descrive e rappresenta a pieno, il paradigma che racconta questa società. Tutto quello che ci circonda, si basa esclusivamente sulla concorrenza, sull’emerge sugli altri, sull’affermazione personale e tutto ciò che non

corrisponde al risultato di questi schemi, di fatto diventa qualcosa di funesto, che ghettizza coloro che non riescono a dimostrare di essere all’altezza di questa società. Oggi puoi essere, un buon marito, un ottimo padre, un grande lavoratore, un attento ricercatore, un esimio professore, un onesto operaio, ma se poi il tuo modo di vestire, di parlare, di “avere”, non è quello del paradigma estetico e materiale che regola la nostra società, basata sul desiderio, poi di fatto ti ritrovi da solo, in mezzo a milioni di persone.


Quello spot rappresenta una delle sfaccettature più assurde del nostro sistema, nel quale non è importante il livello di crescita della conoscenza e della consapevolezza dei nostri studenti, ma mira solo al “pezzo di carta” che viene erogato al termine di un percorso ad ostacoli, non attrattivo per i ragazzi e soprattutto totalmente inutile a livello di conoscenza o culturale, che alla fine produrrà una maggioranza di giovani che si appronteranno alla vita adulta, totalmente privi della benché minima preparazione, ma però in possesso del famoso “pezzo di carta”. Il sistema scolastico in cui siamo inseriti, di fatto annulla la curiosità dei ragazzi, trasformandoli in future macchine

da produzione di risultati formali, che nulla lascerà loro come evoluzione personale.

Se vogliamo davvero cambiare lo schema su cui si fonda la nostra società, basato sull’equazione: “Lavoro-produzione-Guadagno”, dobbiamo assolutamente iniziare a vedere i giovani, non come un’entità che dovrà andare semplicemente a sostituire la massa critica di lavoratori, che oggi garantiscono questo sistema liberal-capitalistico, ma come delle identità uniche ma in un contesto di inclusione generale, nel quale ognuno è se stesso ed esprime davvero ciò che rappresenta la sua ricchezza interiore; tutto questo dentro una nuova comunità che attraverso l’apporto del Tutto, cresca e migliori verso la società del futuro, che dovrà essere basata sull’equazione: “Uomo-Inclusione-Serenità”.


In questo sistema sbagliato, dove i “grandi” intendono porsi ai giovani come giudici e non come guide, come titolari invece che come collaboratori, come politicanti invece che come statisti, emerge in questi giorni l’assurda proposta di fare votare i ragazzi di sedici anni. Riteniamo questa proposta una delle tante trovate di palazzo, mirata a regalare ai ragazzi, non un diritto universale, ma più semplicemente qualcosa di cui non hanno bisogno, ma che li illuda di essere importanti, dentro un sistema nel quale non è importante cosa pensi o cosa puoi fare, ma solo ciò che puoi dire. Tutti diciamo qualcosa continuamente e a volte le nostre parole vanno a nutrire le anime di altre persone,

ma la maggior parte di quelle parole invece fondamentalmente rimane “verba volant”.


Il progetto per un Mondo Migliore, propone una scuola accademica e di vita totalmente diversa, non più basata sul mero risultato e dove nessuno potrà mai bocciare. La bocciatura come è vista oggi, rappresenta un esame verso le caratteristiche che la società ritiene che tutti dobbiamo avere, mentre ogni studente è un prezioso diamante, dotato magari della stessa luce di altri diamanti o anche degli stessi carati, ma che rappresenta sempre e comunque un’unicità creata dalla natura, la cui peculiarità deve sempre avere il sopravvento sugli schemi e sulle tabelle.


Noi speriamo che nella società futura, tutte le persone ma soprattutto i giovani, possano realizzarsi senza l’assurda imposizione di passare attraverso l’acquisizione di un “pezzo di carta”, ma tramite un percorso di conoscenza interiore, che li porti a raggiungere una piena consapevolezza delle proprie a caratteristiche e peculiarità, magari condite da cultura, sapienza e curiosità. Solo quando inizieremo a vedere i giovani, non come dei burattini ai quali richiedere un “pezzo di carta” o a cui potremmo concedere un diritto di voto, ma come la rappresentazione di una società futura, che ci ha prestato il suo mondo affinché

glielo rendessimo migliore, forse solo allora potremo davvero pensare di iniziare a cambiare

questo mondo malato e sbagliato. Se non lo faremo noi, un giorno lo faranno i giovani e allora questa società sbagliata sarà spazzata via e se una ragazzina, antipatica o simpatica che sia, pilotata o no che sia, riesce a fare scendere in piazza milioni di persone nel mondo, sotto l’egida di un messaggio mondiale condivisibile o meno, forse quegli stessi giovani un giorno potrebbero scendere in piazza anche per difendere i loro diritti, per la loro libertà, per lottare contro la fame, la povertà e la diseguaglianza civile. Ce lo ha anticipato tanti anni fa uno dei più grandi statisti italiani, che ha lottato tanto per i diritti dei giovani:


“Se i giovani si organizzano, si impadroniscono di ogni ramo del sapere e lottano con i lavoratori e con gli oppressi, non c'è più scampo per un vecchio ordine fondato sul privilegio e sull'ingiustizia.”

(Enrico Berlinguer)

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