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Il mondo di sotto

"Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora io reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni sono la mia patria, gli altri i miei stranieri.” (Lorenzo Milani)

Quanti di voi hanno avuto la sensazione, per la loro condizione di ristrettezza economica, non di essere persone che hanno un problema, che dovrebbe essere affrontato da chi ne ha la possibilità, ma di essere invece considerati loro, il vero problema per il sistema? Quando sentiamo parlare di italiani che vivono al limite della povertà assoluta, sembra che vengano descritte delle entità invisibili, oggetto solo di modelli matematici degli economisti, ma che non hanno riscontri nella realtà. Invece, purtroppo ad oggi sono circa cinque milioni le famiglie che anche quest’anno passeranno un Natale da indigenti e con loro, ci saranno molti anziani e bambini, che tutti assieme formano un “Mondo di sotto” composto da oltre diciotto milioni di persone.

Diciotto milioni di persone equivalgono a un terzo della popolazione e se pensiamo che dieci anni fa quel numero si attestava a circa un milione di persone, viene da pensare che, considerato che nessuno fa nulla per affrontare seriamente questo problema, che anzi spesso viene negato, tra dieci anni il numero degli appartenenti al “Mondo di sotto” salirà esponenzialmente, portandoci verso una società, nella quale gli indigenti saranno la maggioranza della popolazione.

Tra tutte le entità anche politiche, che oggi potrebbero promuovere informazioni precise e dettagliate su questo “Mondo di sotto”, proponendo magari anche soluzioni reali, alla fine nessuna si impegna veramente per affrontare questa piaga del secondo millennio e tranne l’universo Coemm, nessuno parla esplicitamente di abbattimento della povertà in Italia. Questo perché il “politically correct”, di cui è intriso il mondo dell’informazione e delle forze di potere, impone di non parlare più di tanto di questo problema, quasi che il non citarlo lo annullasse.

Del resto il sistema ha sempre evitato di creare riequilibri sociali, probabilmente per la necessità di avere una società, nella quale le guerre tra i poveri, permettesse un più facile controllo delle masse, verso le quali, determinati problemi sociali, vengono sempre presentati come un rischio per la loro incolumità, fisica o economica e quindi qualcosa da cui stare lontani. Pensate alla vicenda Mes, ovvero quel fondo internazionale che prende il nome di “Salvastati” e per il quale, le forze politiche attualmente presenti in parlamento, ci hanno fatto credere di scannarsi l’un l’altra. Che senso ha avere un fondo che mira a salvare la situazione economica degli stati dell’Unione, se poi in alcuni di quegli stati, vi è una buona parte della popolazione che avrebbe bisogno di essere salvata da una miseria, sempre più pressante e da una situazione economica divenuta oramai insostenibile.

La nostra politica oramai è diventata solo una fanfara preelettorale, adibita a funzioni notarili di atti decisi dalla Commissione europea, che non prevedono la possibilità di creare davvero una società, che abbia al primo posto l’interesse dei popoli. Ogni giorno abbiamo la dimostrazione di quanto la politica serva solo all’economia, quando invece dovrebbe essere proprio l’inverso, ovvero che l’economia fosse a disposizione della politica per i cittadini. Vi sono migliaia di situazioni che coinvolgono connazionali, ma anche altri cittadini europei, per i quali dovrebbero essere attuate politiche economiche di sostegno e di investimento, per superare quella povertà latente che oramai ci circonda, ed invece, alla fine, se andiamo a vedere gli interventi straordinari nei quali immediatamente vengono trovati soldi per affrontare i problemi, questi riguardano solo ed esclusivamente provvedimenti economici, atti a salvare banche o istituti di credito. È di pochi giorni fa la notizia che per salvare una “banca truffa pugliese”, lo stato ha erogato quasi un miliardo di euro, mentre per aiutare gli italiani che hanno lavorato quaranta anni e oggi si ritrovano a scavare nell’immondizia o a fare la fila alla Caritas per un piatto caldo di minestra, non si trovano i soldi.

Noi crediamo che un Mondo Migliore sia possibile, ma se vogliamo davvero cambiare il paradigma che regola questo sistema, la prima cosa da fare è cambiare assolutamente il contesto che prevede la possibilità, che vi sia una parte della popolazione che vive in una povertà latente. Se vogliamo davvero creare una nuova società, dobbiamo fare in modo che tutti abbiano garantiti i beni essenziali, magari arrivando davvero ad un reddito universale, che permetta a tutti di avere il minimo indispensabile, impegnandosi poi con il proprio lavoro per migliorare la situazione personale, non per sopravvivere, come succede adesso, soltanto per pagare rate, mutui, bollette e multe.

Per la forma del reddito universale, vi sono decine di possibilità di attuazione, che vanno dal creare moneta, riequilibrando lo stato sociale attraverso un reddito personale universale, con salari minimi garantiti, anche per bambini e casalinghe, come succede in molti paesi del nord Europa, oppure attraverso una redistribuzione della ricchezza, modificando il paradigma che oggi prevede che “pochi hanno tantissimo e tantissimi hanno poco”. Sono parole di Tiziano Terzani, che parlando di economia e di ricchezza pubblica, ci ha lasciato un testamento morale fondamentale, da cui dovremmo

partire per creare quel “Mondo Migliore” che non dovrà mai accettare di avere dentro di sé un “Mondo di sotto”:


“Non sarebbe meglio una situazione in cui abbiamo poco, ma il giusto… e tutti un po' di più”.

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