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Il martello di Salvatore

"Un tempo era grande il rispetto per una testa ricoperta di capelli bianchi.” (Ovidio)


“Ma non mi rompere! Ora non ho voglia!” sono le parole che vi potreste sentire dire da un giovane o da un adolescente, ai quali avete chiesto di fare qualcosa. La società in cui viviamo, tra i valori che ha cancellato, ha distrutto anche totalmente quella forma gerarchica legata all’età, che fino al secolo scorso era considerata una dei grandi valori della famiglia o della società stessa. Nel Novecento, pochi avrebbero pensato di poter contraddire le disposizioni di una persona più grande o di un anziano, fosse anche solo una anzianità di servizio.


Oggi si è ribaltato tutto e non di rado può capitare di vedere ragazzi, appena entrati nel mondo del lavoro e che svolgono da subito incarichi di privilegio, oppure che in famiglia non

contribuiscano a partecipare a quelle minime attività di collaborazione, che dovrebbero essere normali in ambito domestico, a dimostrazione che le nostre Comunità familiari e non, oggi sono diventate degli spazi anarchici, per i quali si ribadiscono continuamente i diritti, ma troppo spesso ci si dimentica poi di insegnare anche i doveri.


Ho da poco compiuto 14 anni, festeggiati con un diploma di scuola media inferiore acquisito nonostante la ritrosia nell’aprire libri e studiare. Pochi minuti per illudermi di poter frequentare una scuola superiore, salvo poi decidere di andare a lavorare nella ditta edile di mio padre

Salvatore, con una decisione ampiamente rafforzata dai primi piccoli stipendi incassati, lavorando con lui, nell’ultima estate da studente. Fare il manovale lo ritengo una cosa abbastanza semplice, devo fare in modo che ai muratori, tra cui mio padre Salvatore, non rimangano mai senza malta o senza mattoni. Quindi imparo presto ad organizzarmi per fare in modo di ottemperare a questo mio servizio, salvo poi mettermi seduto al primo sole primaverile, in attesa della voce del padrone che mi chieda qualcosa.

Dopo due o tre volte che eseguo queste operazioni, mentre sono seduto su alcuni mattoni, con gli occhi chiusi dal sonno e dal tepore del sole marzaiolo, mi sento battere su una spalla: <<Sei Stanco? Fai una cosa… Prendi questo martello e portalo su bancone al primo piano>>.

Mio padre mi guarda con uno sguardo sul quale non puoi dubitare che sta parlando seriamente e mi consegna un martello da muratore. Io salgo al primo piano della villetta che stiamo ristrutturando e vado a deporre il martello sul bancone di legno che utilizziamo per fare le gabbie di ferro. Torno al piano terra e dopo avere verificato che i muratori abbiano tutto il necessario per lavorare, mi rimetto seduto sui miei mattoni, a riflettere su quello che potrebbe regalarmi la mia attività manovalizia. <<Sei stanco? Fasi una cosa… Vai a prendere il martello e portalo nella baracca degli attrezzi!>> Mio padre di fronte a me, mi guarda con la solita espressione che non lascia adito a dubbi e poco dopo sono di ritorno dal piano superiore con il martello che vado a depositare nella baracca.


Dopo nemmeno venti minuti la scena si ripete con mio padre che mi fa prendere il martello nella baracca e me lo fa riportare al piano superiore.


Mentre torniamo a casa in macchina, mio padre che è sempre stato di poche parole, torna sull’argomento martello: <<Stamani, se mentre eri seduto al sole, fosse arrivato il proprietario di casa, quello che paga con i suoi soldi il nostro tempo e ti avesse trovato a non fare nulla, cosa credi che avrebbe pensato di te, di noi? Quando siamo a lavorare non dobbiamo mai dare l’idea di guadagnare soldi approfittando di chi te li da… Ecco che allora

quando sul cantiere non hai nulla da fare, cosa già questa contestabile, perché se guardi bene qualcosa c’è sempre da fare… Beh comunque in quel caso, porta a giro per il cantiere il martello!>>


Mi ci sono voluti venti anni e diversi libri di filosofia, per comprendere la profondità di quel messaggio di mio padre, che ruotava intorno alla parola “Rispetto”. Badate bene quello che mi invitava a fare Salvatore, non era tanto l’imbrogliare il datore di lavoro, facendo qualcosa di inutile, ma rispettare la sua figura,

facendo comunque qualcosa che giustificasse la sua retribuzione verso un’azione e non verso un sonnecchiare al sole. Quante volte oggi capita di vedere giovani che non fanno cose, pensando che tanto ci sono altri che le fanno e quante altre volte quegli stessi giovani, rimangono stravaccati sui divani o sui loro letti, mentre magari chi meriterebbe un po' di riposo, corre e si affanna per garantire l’esecuzione di tutte le cose che ci sono da fare e di cui sembrano gli unici assegnatari. Questi comportamenti, badate bene, non sono però responsabilità

dei nostri ragazzi, ma della società che abbiamo creato, che li ha messi in condizione di ritenere che questa sia la normalità. Se vogliamo creare una nuova società, nella quale tutti mettano a disposizione degli altri la propria ricchezza interiore, dobbiamo ritornare a far capire alle nuove generazioni, l’importanza della collaborazione e del fare, magari anche solamente “portando in giro un martello”.


Se tutti mettiamo una parte di noi a disposizione del tutto, alla fine non ci impoveriremo, ma anzi saremo tutti più ricchi; ma per realizzare questo è necessario

impegnarci, sforzarci ed investire il nostro tempo, convincendoci del fatto che il rapporto con i giovani non sia visto come una perdita di tempo, come uno stress o come un’ulteriore impegno che questa società ci impone, ma come un regalo o come un investimento, che stiamo facendo verso le future generazioni, per creare un Mondo Migliore.


“Il rispetto nasce dalla conoscenza, e la conoscenza richiede impegno, investimento, sforzo.” (Tiziano Terzani)

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