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8 Ore

"Un uomo che osa sprecare un’ora del suo tempo non ha scoperto il valore della vita”. (Charles Darwin)


Il presidente del Consiglio Aldo Moro si sta accingendo a tagliare il nastro, che darà inizio alle celebrazioni per un’opera dell’uomo, che trasformerà completamente la visione della vita di milioni di italiani. È una domenica mattina di un ottobre mite in cui il sole ancora caldo, fa da palcoscenico a questo evento in cui la mobilità in Italia, sta per passare da una struttura medievale, ad una visione finalmente moderna del trasporto di cose ed esseri umani. Fino a ieri per viaggiare in auto da Milano a Napoli, ci sarebbero voluti due giorni, da oggi, con

l’inaugurazione del tratto Orvieto-Chiusi della prima grande autostrada italiana, le stesse città potranno essere raggiunte in meno di "8 ore", attraverso i 755 chilometri della nuova viabilità. È il 4 ottobre 1964 è grazie ad un investimento dello Stato di circa 270 miliardi di lire, con i lavori che sono iniziati otto anni prima, vede la luce l’Autostrada A1 Milano-Napoli, da tutti conosciuta come “l’Autostrada del Sole”.


In realtà due anni dopo l’inizio dei lavori era già stato inaugurato il tratto Milano Parma e l’8 dicembre 1958, l’esattore Mario Pasetti, racconterà di avere rilasciato il primo biglietto autostradale ad una Fiat 1100.


L’Autostrada del Sole è stata l’icona della ricostruzione post bellica di un Italia onesta, laboriosa e funzionale che dal 2 giugno 1946, fino quasi alla fine degli anni settanta, ha creato posti di lavoro, strutture pubbliche e migliaia di posti di lavoro nelle aziende che nel nostro paese in quei

decenni hanno trovato terreno fertile per le loro produzioni. Quella costruzione avrebbe potuto rappresentare un punto di partenza di una eccellente Italia che proprio nella costruzione di strutture pubbliche o private, avrebbe potuto confermare quella che è stata la grandezza dell’intuizione italiana, sulla necessità di uno Stato che sia funzionale già dalla minima mobilità.


Dagli anni Ottanta, per tutta una serie di scelte politiche, economiche, sociali ed industriali

completamente sbagliate, che hanno messo il debito e la produzione, come unici punti di riferimento della società che è stata creata e in cui oggi ci troviamo, vi è stata un’involuzione

della modernizzazione del nostro territorio con un’ampia frenata rispetto a quello che avrebbe potuto essere realmente per esempio la viabilità. A tutto questo aggiungiamo le politiche scellerate di chi ha preferito, con i soldi pubblici, regalarsi dividendi faraonici piuttosto che portare a termine le opere pubbliche o di garantirne la manutenzione, regalandoci oggi una nazione con una

viabilità stradale e ferroviaria, degna di un paese del terzo mondo, nel quale si pensa di fare viaggiare una mozzarella su un treno, in un'ora da Torino a Venezia, ma poi si permette ad un treno di andare da Catania a Trapani, ancora vergognosamente in “otto ore”.


Come vedete la nostra storia ruota intorno a uno spazio di “otto ore”, che raccontano sia l’Italia degli anni Sessanta, vogliosa e funzionale, sia l’Italia di oggi, che non solo per incapacità degli amministratori pubblici, ma troppo spesso anche per loro interessi privati, ha permesso che vi siano circa 700 opere pubbliche mai terminate. Tra queste poi ve ne sono altre migliaia che avrebbero bisogno di essere manutenute in maniera profonda e attenta,

salvo poi ritrovarci invece a raccogliere morti e macerie, sotto ponti che invece di unire, troppo spesso dividono l’Italia reale da quella di un potere cinico e meschino.

Se vogliamo cambiare il mondo dobbiamo partire da una nuova società in cui chi amministra la cosa pubblica, deve necessariamente pensare di essere a servizio del popolo e non l’opposto, come succede oggi. Per quanto riguarda noi, dobbiamo impegnarci a capire e a far capire, che è

fondamentale il nostro impegno diretto, per cambiare il paradigma che regola questa società.


“Non dire che non hai abbastanza tempo. Hai esattamente lo stesso numero di ore al giorno che venne dato a Galileo, Pasteur, Michelangelo, Madre Teresa, Leonardo da Vinci, Thomas Jefferson, e Albert Einstein”.

(H. Jackson Brown Jr.)

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